XVI e XVI secolo

 

archivio_opsm

Gli anni che seguono la redazione del primo Statuto non sono caratterizzati da cambiamenti strutturali dell’Opera, ma da un consistente incremento del suo patrimonio immobiliare.
Esponenti di nobili famiglie orvietane, come i Prodenzani, i Vitelleschi ed i Monaldeschi, lasciano in eredità alla cattedrale e, dunque, alla Fabbrica, alcune importanti tenute: il Castello di Prodo (1457), quello di Benano (1473) e quello della Sala (1518). Quest’ultimo castello è incamerato grazie al lascito testamentario della nobildonna Giovanna Monaldeschi della Cervara, che aveva precedentemente donato all’Opera cospicue somme di denaro per la pittura e decorazione della Cappella Nuova, quale esecutrice testamentaria del marito Pietrantonio di Gentile de’ Monaldeschi (1500), e per l’altare della Cappella dei Magi (1509) nel Duomo.
Le origini di questo vistoso patrimonio fondiario sono ancora oggi ricordate da una lapide fatta porre, nel 1648, dal Camerlengo Filidio Marabottini all’interno della cattedrale e poi spostata davanti alla porta d’ingresso del Palazzo dell’Opera.

Oltre a rappresentare una nuova fonte di rendita, l’acquisizione di queste proprietà, che sono veri e propri feudi, comporta una prerogativa in più per la Fabbrica: l’amministrazione della giustizia civile e penale nei territori dei castelli, esercitata dal suo più alto officiale, il Camerlengo, investito dell’autorità di processare e condannare i delinquenti.