XIX secolo
La figura del Camerlengo per molto tempo continua a rappresentare l’Opera, svolgendo compiti importanti, come quello di occuparsi dei feudi o di assistere il vescovo nelle funzioni e, in particolare, nella processione del Corpus Domini; documenti dei secoli XVII e XVIII testimoniano, inoltre, il “diritto di spoglio” esercitato dalla Fabbrica, tramite il Camerlengo, sui beni e le suppellettili sacre appartenuti ai presuli defunti. Al Camerlengo spetta anche l’immunità ecclesiastica per le case e la piazza del Duomo e l’autorità di esigere tributi in occasione di fiere che si svolgono in detta piazza.
Lo Statuto del 1421 e le “aggiunte” del 1553 restano in vigore fino alla seconda metà del XIX secolo.
Per tutto il periodo in cui Orvieto fa parte dello Stato della Chiesa (metà XV sec.-1798; 1816- sett.1860) e durante i difficili anni della dominazione francese (1800- 1814), la natura, il funzionamento ed il patrimonio dell’Opera restano inalterati.
E’ con l’annessione al Regno d’Italia che si registra una sua riorganizzazione amministrativa ed economica, segnata da due eventi di grande portata, collegati tra di loro: il Regio Regolamento della Fabbrica del 1866 e l’incameramento delle proprietà dell’Opera da parte del Regio Demanio nel 1872.
I due avvenimenti si inseriscono nell’ambito del nuovo indirizzo politico dello Stato italiano nei confronti della Chiesa, che culmina con la soppressione degli enti ecclesiastici, la confisca e vendita dei relativi patrimoni (leggi del 1866, 1869, 1870). Assimilando l’Opera alle fondazioni ecclesiastiche, il Governo da un lato si intromette nella sua struttura, attribuendosi la nomina del Presidente e restringendo le prerogative del Comune, che nel 1864 si era definito “proprietario del Duomo”, dall’altro si appropria delle tenute della Sala, Benano e Prodo.
Solo dopo la vittoria di una lunga causa contro il demanio (1874), all’Opera è accordata, come risarcimento dei danni, una rendita annua nettamente inferiore al valore effettivo dei beni espropriati e insufficiente a risollevare le sorti della cattedrale, che, bisognosa di restauri ma priva dei fondi necessari a realizzarli, a poco a poco va in rovina. Alla critica situazione in cui versava il Duomo si va ad aggiungere la chiusura delle officine di intaglio ed intarsio e del mosaico e la riduzione della maestranza di scalpellini e muratori.
Tuttavia la difficile situazione economica provocata dalla confisca del patrimonio viene, in parte, risolta con la dichiarazione, nel 1874, del Duomo monumento nazionale, che segna la partecipazione dello Stato alle spese di manutenzione e conservazione della cattedrale, dando l’avvio ai restauri ottocenteschi e al recupero, da parte dell’Opera, del suo ruolo storico.
