Superamento della crisi
Nei primi anni del XIV sec., i Signori Sette, facendo leva sulle difficoltà attraversate dal papato dopo la morte di Bonifacio VIII (1303) e lo stabilirsi della curia pontificia ad Avignone (1309), avviano una politica di laicizzazione dell’Opera, prima con un controllo maggiore sugli introiti, poi intervenendo anche nelle decisioni artistiche del cantiere.
Superato il periodo oscuro per la Fabbrica noto come “crisi generazionale” (1295-1304ca.) e caratterizzato da un arresto dei lavori per un mutamento della sensibilità artistica e del sostrato storico- culturale, le autorità comunali inseriscono una nuova figura, deputata alla direzione degli aspetti tecnico- artistici: l’universalis capud magister, ruolo affidato all’architetto senese Lorenzo Maitani prima del 1310; in questo stesso anno infatti, a conferma dell’incarico conferitogli, verrà concessa al nuovo capomaestro la cittadinanza orvietana, secondo una prassi diffusa tra le città comunali medioevali.
Rappresentando un elemento di raccordo tra il cantiere e l’Opera, il capomaestro colma il vuoto che si era creato, nel 1300, con la riduzione delle competenze dell’operarius e l’acquisizione di mansioni amministrative da parte dei soprastanti.
L’introduzione di questa figura, di nomina comunale, che trasforma il Duomo dal punto di vista architettonico e la Fabbrica sotto il profilo organizzativo, contribuisce a realizzare quel progetto di acquisizione dell’Opera, auspicato dai Signori Sette e destinato a durare oltre la fine del loro primo governo (1313).
Poche modifiche subirà infatti l’organigramma messo in piedi dai rappresentanti del potere esecutivo; documenti del 1315 testimoniano la scomparsa definitiva dell’operarius e la presenza di ben quattro soprastanti, uno per quartiere, a rappresentare il legame così forte tra la struttura territoriale e amministrativa della città e la sua cattedrale.
