Epoca di passaggio

 

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L’edificazione della nuova chiesa cattedrale non resta a lungo un impegno esclusivamente ecclesiastico, ma assume ben presto la connotazione di “evento civico”, al quale il comune non rimane estraneo.
Benchè siano documentati interventi del Consiglio Cittadino fin dal 1285, è solamente dieci o quindici anni più tardi che si verifica un’incidenza del comune nell’organizzazione del cantiere e, quindi, nell'”organigramma” dell’Opera. Inizialmente il potere laico si limita ad interventi tecnici e di sostegno nei confronti della fabbrica, fornendo personale specializzato (extimatores) per la stima degli alloggi dei canonici che dovevano essere abbattuti o semplicemente partecipando all’impresa con forniture di materiale, secondo una prassi già sperimentata per gli altri cantieri, soprattutto per quelli degli Ordini mendicanti.

Quando nel 1292 il governo popolare raggiunge la piena maturazione attraverso la nuova magistratura dei Signori Sette Consoli delle Arti, unico organismo esecutivo, riuscendo così ad attuare un controllo delle strutture politico- burocratico- amministrative della città, si fa sempre più forte l’esigenza di un elemento unificante, simbolo d’ identità e coesione cittadina. Nell’ottica tipica del c.d. cristianesimo civico, il Duomo, da riferimento devozionale, diventa anche espressione di appartenenza alla città di Orvieto, fonte di prestigio politico e di consenso popolare.
Contemporaneamente si verifica un processo d’assimilazione dell’Opera alle altre opere comunali, favorita dal trasferimento del vescovo Francesco Monaldeschi a Firenze (1295), a causa dell’interdetto scagliato contro Orvieto da Bonifacio VIII, ostile alla politica espansionistica del comune ai danni della Valdilago (territorio compreso tra il lago di Bolsena e Acquapendente sotto il domino della Chiesa).

Nel 1295 i Signori Sette, pur riconfermando fra’ Bevignate nel ruolo di operarius, introducono due o tre officiali del comune, in carica per sei mesi o un anno, denominati soprastanti (superstites), affiancati da un notaio; essi, dopo un breve periodo di confusione e interscambiabilità terminologica e, a volte, anche di ruoli, durato fino al 1300 circa, si occuperanno di questioni prettamente amministrative, limitando ai soli aspetti tecnici le competenze dell’operarius. Il passaggio dal rettore ecclestiastico, eletto a vita, ai soprastanti, nominati a tempo determinato dal comune, segna l’avvio del cambiamento dell’Opera.