Magister Lucas de Cortona, famosissimus pictor in tota Italia. È con queste parole che, il 5 aprile 1499, i soprastanti dell’Opera del Duomo di Orvieto descrivono Luca Signorelli, l’artista prescelto per proseguire le pitture all’interno della Cappella Nova.
Erano trascorsi cinquantadue anni dall’ultimo intervento decorativo, portato avanti dal frate Giovanni da Fiesole, passato alla storia come Beato Angelico. L’Opera non aveva mai smesso di cercare un degno sostituto (requisiti essenziali: abilità, celerità, costante presenza in loco e, soprattutto, economicità!), ma l’ingaggio di vari candidati si concluse in un nulla di fatto. L’arrivo di Signorelli ad Orvieto risolleva gli animi della Fabbrica, per cui la decorazione incompleta era motivo di vilipendium.
Si giunge quindi al sopracitato accordo e alla stipula del primo contratto con l’artista: Signorelli avrebbe dovuto concludere la volta utilizzando i disegni lasciati dall’Angelico; di contro, l’Opera avrebbe fornito un alloggio con un letto singolo e provveduto alle spese per ponteggi, calce, sabbia, e per i costosi pigmenti di colore oro e azzurro, offrendo un compenso di 180 ducati (contro i 200 richiesti dal cortonese).
Il 25 novembre 1499 l’honorabilis pictor, dopo aver dipinto le vele degli Apostoli e degli Strumenti della Passione, chiese altri disegni per poter proseguire il suo lavoro, disegni di cui, però, l’Opera non disponeva. La soluzione al problema fu offerta dai teologi presenti in città. Il tema da rispettare era infatti quello del Giudizio.
Ed ecco che si giunge così alla stipula di un secondo contratto, in cui le clausole più importanti vengono scritte in italiano (a differenza del resto del contratto, vergato in latino). Signorelli avrebbe “storiato” tutta la cappella, compresa la cappellina dei Corpi Santi. L’artista era ritenuto responsabile dei disegni e dei cartoni preparatori, avrebbe dovuto dipingere le figure “de sua mano” e usare – a sue spese! – i migliori colori. La Fabbrica avrebbe fornito solo oro e azzurro, oltre a ponteggi, calce, sabbia e acqua, e un alloggio con due letti (uno per l’artista e uno per il figlio Antonio). Il pagamento, consistente in 575 ducati (25 in meno di quanto richiesto), prevedeva anche una retribuzione in grano (“dui quartenghe” al mese) e vino (“dodici some di mosto per ciascuno anno alla vendebia”).
Nasce così “una delle più belle cappelle affrescate del Rinascimento italiano”, il capolavoro di magister Lucas de Cortona pictor Cappelle Nove ecclesie Sancte Marie Maioris de Urbeveteri.
Noemi Grilli